
Da mesi ormai, la narrazione in cui si dice che le elezioni potrebbero essere «rubate» è stata accuratamente piantata, questa narrazione sciama le reti ed è stata rafforzata dalla risposta di Gustavo Petro alla domanda se avrebbe accettato i risultati in caso di perdita. La sua risposta è stata: «se non c'è frode, sì».
Può sembrare incendiario, ma si basa anche sul vero timore che la sinistra ha che se vince, i suoi risultati non saranno rispettati. Non sono mai stati in grado di governare il paese e solo fino ad oggi hanno una reale possibilità di trionfo. Quella paura che sentono è direttamente proporzionale a quella generata nelle classi tradizionali che hanno sempre governato.
La Colombia è un paese difficile da capire, ma soprattutto è una narrazione complessa. Non per niente ha subito un sanguinoso conflitto interno, eppure è la democrazia più stabile dell'America Latina, dove le dittature sono state evidenti per la sua assenza.
L'annuncio che 29.000 tavoli che erano stati esaminati il 13 marzo non avevano record di voti per il Patto storico, la lista più votata di queste elezioni, ha generato il panico tra di loro. Le istituzioni non stanno attraversando il loro momento migliore, secondo tutti i sondaggi, sono scarsamente qualificate e di fronte a tanta sfiducia e scandali di corruzione in corso, non è raro pensare sempre al peggio.
Tuttavia, se questa crisi ha mostrato qualcosa, è che il sistema funziona, perché all'annuncio dei leader del Patto storico, l'intero sistema è stato messo alla prova nel vaglio e le votazioni sono apparse, non senza prima, lasciando dubbi e preoccupazioni.
Il fatto che più di mezzo milione di voti siano andati persi e che provenissero principalmente da partiti di opposizione, lascia un crepacuore che solleva dubbi sulle garanzie elettorali. Sembra che la pagella di voto nota come modulo E-14 sia mal progettata e il software sia gravemente difettoso.
Per salvare, che le irregolarità sono state corrette in tempo record e che la pressione dell'opinione pubblica ha avuto i suoi effetti. Anche che il problema si è verificato nelle carte confuse del Senato e della Camera e non in quelle di consultazioni simili a quelle delle prossime elezioni del 29 maggio.
Il perverso: l'azione del governo nazionale per decretare il primo giorno senza IVA dell'anno proprio il venerdì prima delle elezioni. Apparentemente, è emerso come una misura per il voto dell'elettore pensando che le cose stiano andando bene.
Non si capisce seriamente quale genio abbia proposto questo adefesio che ha reso la democrazia più costosa, perché la conseguenza è stata che il modello sui social network, la radio e la televisione è andato alle stelle, perché non erano più solo in competizione con gli altri candidati, ma anche con tutti i tipi di negozi che volevano incoraggiare i loro acquisti, il risultato: i prezzi del modello erano andati alle nuvole, e hanno reso visibili solo i soliti e i più colpiti: le proposte alternative. Molto male per la democrazia, ma soprattutto per il governo che prende queste decisioni, forse a causa di questo e di tutto quanto sopra è che ne esce così male valutato.
* Professore presso la Facoltà di Studi Internazionali, Politici e Urbani dell'Universidad del Rosario.
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